L’Aids era chiamata “morbo dei gay” ma non è collegata all’omosessualità
Era il 27 Luglio del 1982 quando i Centers for Disease Control and Prevention confermarono al Governo degli Stati Uniti che il virus dell’Hiv non si trasmette solo tramite rapporti tra uomini gay ma attraverso tutti i tipi di rapporto sessuale. Da quel momento la malattia legata al virus, fino all’epoca chiamata GRID ossia Gay-Related Immune Deficiency, fu rinominata Aids, acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome. Il messaggio era chiaro: con l’essere gay la sindrome non ha niente a che fare.
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Non c’è cura per l’Aids come per il pregiudizio

Ma la storia dell’Aids è da sempre legata a quella della comunità gay per un altro motivo: il pregiudizio secondo il quale siano gli uomini omosessuali a trasmetterla non è mai scomparso. Si tratta spesso di un preconcetto omofobo che, accompagnato da tanta disinformazione, porta tuttora a discriminazioni. Ma la riunione del 1982 fu storica anche perché segnò l’inizio di un percorso di ricerca per la cura della malattia. Se fino a quel momento le autorità avevano ignorato ipocritamente l’emergenza sanitaria, perché convinte che solo la minoranza omosessuale ne fosse colpita, da quel momento non poterono più trascurare il problema.
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In seguito la cura per l’Aids non fu mai trovata, ma nel giro di cinque anni dal 1982 fu messa a disposizione una terapia che, pur non estirpando il virus dell’Hiv, non permette alla malattia di svilupparsi e garantisce alle persone che ne sono affette un’aspettativa di vita pari quasi a quella di una persona sana. Inoltre oggi le terapie antiretrovirali permettono di abbassare a zero la contagiosità di un individuo che presenta l’Hiv. I casi di guarigione nella storia sono però solo tre, due seguiti ad un trapianto di midollo e uno dovuto ad uno speciale mix di farmaci.